Recensione di “Cinema all’Aperto” di Sergio Califano

Quando ho ricevuto questo libro, dal titolo credevo si trattasse qualcosa di totalmente diverso.

Invece, avventurandomi tra le prime pagine, leggo una storia che comincia da un piccolo borgo vicino al mare, che descrive i suoi personaggi rustici, tipici di quel tipo di luoghi.

Il protagonista è Carlo. Inizialmente un bambino senza padre.

Vengono descritti i personaggi, esattamente quelle comparse nello sfondo del paesotto, che hanno quelle caratteristiche che non cambiano mai, e danno quel tipo di atmosfera che è rassicurante. Perché ci sono quelle cose che non cambiano mai, che restano delle certezze nel tempo.

Sai che ogni volta che tornerai in quel posto, vedrai sempre le stesse persone, gli stessi personaggi caratteristici del luogo.

Carlo e sua madre, d’estate andavano sempre a vedere il cinema all’aperto, davanti alla chiesa del paesino.

Il bambino crescerà, smetterà di farsi domande su dove sia finito il padre inesistente, andrà a Firenze a lavorare, dopo aver vissuto una gioventù molto intensa.

Si ritroverà a 30 anni, con la neve che non vedeva mai nel suo paese, un raro gelo e una compagna nel letto che va e viene da Bolzano, che gli propone sempre di andare lì, dove si parla tedesco.

Carlo è ormai un tipografo, che ha poco spesso da fare, e va in ufficio per vedere una ragazzina di cui si invaghirà col tempo.

30 e 18 anni, una differenza d’età molto grande.

Deve essere successo a tutti di innamorarsi di quella ragazzina maledetta, dalla quale tutti mettono in guardia, ma l’innamorato non riesce a vedere la realtà.

Infatti questo invaghimento costerà molti guai a Carlo, che alla fine della storia, si troverà ormai quarantenne, nel suo piccolo borgo.

Questa situazione è irreale per lui. Talmente tanto che non crede nei cambiamenti che vede, per quanto siano effettivamente minimi, per lui sono enormi.

Sente odori ed emozioni dimenticate, sensazioni che era possibile vivere solo in quel luogo, in quel borgo.

La malinconica nostalgia di tornare a casa, un’emozione forte, dolorosa e piacevole allo stesso tempo.

E pensa al cinema all’aperto, a sua madre, e ricorda che è da molto tempo che non vede più un film in quella piazza, mentre ci cammina dentro.

Il cinema non c’è più. Vorrebbe avere le sedie che mettevano a disposizione degli spettatori. La stessa sedia che usava da bambino.

Il finale commovente: vede il pazzo che aveva conosciuto da bambino gesticolare in piazza: un gigante che riusciva a pescare con le mani immergendosi per dei minuti.

Era capace in qualche modo misterioso a sapere sempre se avrebbe piovuto.

E Carlo gli domanda con profonda emozione “piove?”

Il gigante guarda il cielo e fa cenno di no.

Questo romanzo è veramente molto intenso e coinvolgente. Del resto io provengo da una simile situazione e per me è stato veramente un piacere bello ed inaspettato leggere questo romanzo.

Leggere romanzi in cui ci si identifica fa un effetto particolare. Succede anche con il film di immedesimarsi con il personaggio.

Più la storia è simile a quella che viviamo o abbiamo vissuto, più potente è l’effetto.

 

– Paolo Pileggi

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